Il bianco e nero di Letizia Battaglia è rimasto uniforme nel tempo nei suoi 50 anni di carriera…
… e si potrebbe quasi dire che non c’è differenza, nello stile, tra un morto ammazzato dalla mafia o un bambino che gioca per le strade di Palermo. E questo mi ha colpito.
La potenza delle foto della cronista siciliana sta nei contenuti e nella rappresentazione della quotidianità. Che in certi anni della nostra storia recente, era fatta anche di ammazzamenti.
anche con un filo di ironia particolarmente macabra
come era fatta di domeniche all’aperto, a fare la maglia
O di giornate passate a giocare per strada con una palla
I bambini sono un tema ricorrente per la fotografa, che li cerca in tutte le situazioni. Battaglia entrava nelle case popolari, così, aprendo la porta. Qui sorprende una madre con i due figli ancora a letto nonostante sia quasi ora di pranzo: “non ho soldi, non ho cibo, non ho lavoro… posso solo stare a letto” si giustifica la donna. Lo scatto rende tristemente e meravigliosamente quella situazione di marginalità.
Qui, un gruppo di ragazzini viaggia nello scomparto di una Ape, facendo conversazione come un gruppo di adulti su un normale mezzo di trasporto.
In questa foto, una bambina (che non frequenta la scuola) lava i piatti mentre delle persone pranzano, all’interno di una osteria. Lo sguardo della ragazzina è rilevante.
Battaglia inizia a fare foto per mantenersi. Era una giornalista e non era sufficiente scrivere un bel pezzo di cronaca, serviva anche documentarlo visivamente. Così si procura una macchinetta e inizia a fotografare. E scatta molto da vicino, con un 35mm, “a distanza di un cazzotto o di una carezza”. Questo voler star dentro l’azione, al limite dell’invaderla, dà un senso fortissimo allo spettatore, soprattutto se l’azione è densa di tensione. Qui, il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella è appena stato ucciso, da una raffica di pallottole. La figlia è ancora sul sedile posteriore.
Ne esce un dramma unico che resterà nella memoria per sempre.
Impatto molto forte anche dal bambino che gioca a fare il gangster
Una delle foto che mi ha più colpito è il ritratto di Rosa del 1993, vedova di Vito Schifani che nel 1992 fa parte della scorta del giudice Falcone e muore, nell’attentato del 23 maggio. Il dolore della donna è estremamente visibile, accentuato (o alleviato), dal passaggio dalla luce all’ombra (o viceversa).
Battaglia dirà che a un certo punto della sua storia di essere perseguitata da tutto questo dolore e tutto questo sangue e che sentiva il desiderio di esorcizzare i ricordi, di lavarli via.
Parte un interessante percorso della fotografa che recupera alcune gigantografie dei suoi scatti e li propone in contesti nuovi, per lo più con una presenza di donne e di acqua ("l'acqua purifica, l'acqua pulisce").
le foto riportate in questo articolo sono protette da copyright. La mostra a cui ci riferiamo è "Letizia Battaglia. Fotografia come scelta di vita" a Venezia, Casa dei Tre Oci, 20.03-18.08.2019
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