Pare sia una capolavoro. Devo leggermi qualche recensione seria. Io però non ci ho trovato slanci registici particolari, la storia è piena di buchi e la "faccia d'angelo" di Alain Delon è iconica, ok, però… dopo un po' stucca. Il flinale poi non l'ho capito. Direi che è raffazzonato e mal scritto ma probabilmente sbaglio.
Il realismo non mi interessa. Tutti i miei film si imperniano sul fantastico. Non sono un documentarista: un film è principalmente un sogno, ed è assurdo copiare la vita nel tentativo di riprodurla esattamente… Le Samouraï descrive vari mondi paralleli che non si sovrappongono mai ma di tanto in tanto si limitano a sfiorarsi.
Jean Pierre Melville, in A Samurai in Paris, intervista di Rui Nogueira e François Truchaud, “Sight & Sound”, estate 1968
L’epigrafe in testa al film – “nessuno è più solo di un samurai senza padrone, forse soltanto una tigre nel deserto” […] è una truffa. Non viene da nessun codice dei samurai, da nessun testo sacro impregnato di antica sapienza giapponese. […] E allora: per Melville richiamarsiall’inesistente codice del samurai aveva il sapore di uno sberleffo anarchico. Questo è un film ‘polar’. Vi mancano i quarti di nobiltà? Eccoveli, sotto forma di citazione. Ora Le Samuraï è diventato un film polar d’autore. Ma sempre Samuraï resta. […] Pure, nel suo tempo, il film resta una lezione esemplare: è polar, metafisico, perfettamente calato nel rispetto persino maniacale delle regole. L’eroe è solo. Intorno a lui, un Male ancora più aggressivo e contagioso di quello del quale il sicario è portatore (ne sono contagiati persino gli osceni sbirri). La città è nera, e non offre né scampo né redenzione. Gli elementi della tradizione, insomma, ci sono tutti. Ma c’è anche qualcosa di diverso. Qualcosa di sottilmente eversivo. Ecco. Eversiva è la decisione della pianista Valérie di non confermare agli sbirri il riconoscimento del killer Costello. Nel mondo della maschera-Costello (resa con grande effetto dalla maschera-Delon), l’omertà fa parte delle regole del gioco. Ma solo per i giocatori. Quelli del ‘milieu’. I duri, insomma. […] Nel mondo dei duri (e nel codice artefatto che Melville ha imposto al suo eroe) non possono esistere comprensione, condivisione, né tanto meno violazioni delle regole. Il rifiuto di Valérie di incastrarlo aggiunge alla metafisica del noir il pathos del melodramma. Ma Costello è troppo esperto samurai (e Melville troppo scanzonato demiurgo) per intravedere una chance disalvezza. Perciò, il finale è obbligato. E tutto ciò che resta da fare a Costello è prepararsi adeguatamente al momento del trapasso. Ed è ciò che Costello farà, coscienziosamente, obbedendo, in morte come in vita, al codice-bluff che lo ha sempre guidato.
Giancarlo De Cataldo, Il tempo della visione, in Jean-Pierre Melville, a cura di Mauro Gervasini e Emanuela Martini, Il Castoro, Milano 2008
CAST AND CREDITS Sog.: dal romanzo The Ronin di Joan McLeod. Scen.: Georges Pellegrin, Jean-Pierre Melville. F.: Henri Decaë. M.: Monique Bonnot, Yolande Marette. Scgf.: François de Lamothe. Mus.: François de Roubaix. Int.: Alain Delon (Jef Costello), François Périer (l’ispettore), Nathalie Delon (Jane Lagrange), Jacques Leroy (il killer), Cathy Rosier (Valérie), Michel Boisrond (Wiener), Georges Casati (Da Molini). Prod.: Raymond Borderie, Eugène Lépicier per C.I.C.C., Filmel, Fida Cinematografica, Tc Productions. DCP. D.: 105’. Col.
IN BREVE Titolo Italiano Frank Costello faccia d’angelo Regia: Jean-Pierre Melville Anno: 1967 Paese: Francia-Italia Durata: 105' Versione del film Versione francese con sottotitoli inglesi
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